TECNICA #2: IL RECUPERO DILAZIONATO (COME E QUANDO RIPASSARE)

COME E QUANDO RIPASSARE: IL RECUPERO DILAZIONATO

Il termine ” recupero “, in psicologia della memoria, si riferisce ad una delle fasi della memorizzazione. Queste fasi sono infatti: codifica, ritenzione e recupero.  Dal momento che lo studio necessita, in parte, di una fase di memorizzazione, è necessario capire con quali modalità questa avviene.

La codifica è il momento in cui le informazioni “entrano” in memoria: sulla codifica è possibile lavorare davvero molto per migliorare la capacità di memorizzazione. Lo facciamo nei nostri MIND Lab, attraverso una rielaborazione tutta personale dei concetti, e nei MEMO Lab, con l’utilizzo di strategie specifiche di “doppia codifica”, dove ai significati semantici dei concetti affianchiamo visualizzazioni e associazioni.

La ritenzione è il permanere del ricordo nella memoria.

Il recupero è l’azione di ricordare un’informazione presente in memoria, autonomamente. Ricordare autonomamente, in contesto scolastico, significa ripetere il materiale studiato, o riscriverlo, senza prima rileggere il testo nè gli appunti. Significa mettersi alla prova, sforzarsi, cercare le associazioni per “rievocare” (sinonimo di “recuperare”) tutte le informazioni.

La ritenzione è influenzata moltissimo dal modo in cui l’informazione è stata codificata, e allo stesso tempo, paradossalmente, è migliorata dal recupero: tanto più ricordiamo autonomamente una cosa, tanto più sarà probabile che la ricorderemo successivamente.

Questo significa che il recupero è necessario per permettere alle informazioni che nostro figlio studia di “scavare” nella sua memoria una traccia più profonda, più stabile, che sarà più facilmente recuperata in futuro.

Ricorda, e continuerai a ricordare. Possiamo riassumere il tutto in questo modo.

 

L’ESPERIMENTO

Qui andiamo davvero indietro nel tempo, a scomodare Hermann Ebbinghaus, che nel 1880 intraprese lo studio sperimentale della memoria. Innumerevoli studi hanno poi confermato i risultati che lui per primo ha individuato.

Egli decise di imparare a memoria delle sillabe prove di significato (es. JIH, SUIJ, LEQ, etc), in modo da verificare quanto la memoria fosse efficiente in assenza di qualsiasi appiglio (nessun significato da associare ad alcunché). Ebbinghaus imparava ogni giorno nuove liste di sillabe, ripetendole da 8 a 64 volte. Il giorno dopo accertava quanto aveva imparato cerificando di quante ripetizioni aggiuntive aveva bisogno per re-imparare la lista di sillabe a memoria.

I RISULTATI

Ebbinghaus scoprì che una certa dose di oblio (ovvero di “dimenticanza”) interveniva ogni volta, ma con un particolare comportamento: all’inizio l’oblio è molto rapido, per poi rallentare gradualmente.

Come si vede dal grafico dopo un giorno dalla prima memorizzazione, il materiale in memoria “scompare” per più della metà. Successivamente la differenza tra il primo e il secondo giorno è minore, e lo è sempre meno: le informazioni che si “perdono” sono sempre meno mano a mano che si va avanti. La curva ha una funzione logaritmica.

Questa scoperta ci dice molto sulle abitudini di studio. Ci fa capire infatti come parte del tempo che nostro figlio oggi impiega nello studio di un argomento vada effettivamente perso, attraverso la scomparsa di una buona metà delle informazioni immagazzinate.

Questo, però, vale solo se queste informazioni non vengono recuperate.

Ebbinghaus capì che la curva dell’oblio è soggetta a una dilatazione (insomma, ad un miglioramento) se il materiale che si vuole imparare viene rievocato (richiamato autonomamente) prima che abbia raggiunto una certa soglia di oblio. Nota il grafico qui sotto:

Se dopo 24 ore le informazioni vengono rievocate (ovvero se nostro figlio tenta di richiamarle alla memoria in modo autonomo), la curva di oblio successiva non avrà la stessa “pendenza”, ovvero le informazioni non decadranno così in fretta come il primo giorno, ma impiegheranno circa 3 giorni per “disperdersi nuovamente” (i tempi sono indicativi, ovviamente). E se ancora c’è un ulteriore rievocazione/richiamo autonomo, la curva cambia di nuovo e le informazioni impiegano ancora più tempo a “perdersi”.

L’ESPERIMENTO #2

Nel 2008 Karpicke e Roediger hanno studiato l’apprendimento di vocaboli di una lingua straniera in quattro condizioni:

  1. apprendimento in “condizioni standard” : veniva presentata una lista di 40 coppie di vocaboli (inglese / swahili) e ogni coppia veniva verificata tramite test (si esibiva la parola in una lingua e il gruppo di lavoro doveva rievocare il corrispettivo nell’altra lingua);
  2. le coppie di parole venivano cancellate dalla lista mano a mano che venivano ricordate nei test (per permettere la concentrazione su ciò che non era stato ancora appreso);
  3. le coppie di parole che venivano ricordate non venivano più testate, ma continuavano a essere presentate;
  4. le coppie apprese non venivano più ripresentate, ma continuavano a essere testate.

Il livello di apprendimento effettivo è stato verificato una settimana dopo.

I RISULTATI

La ritenzione delle informazioni sulle coppie di parole è stata diversa per le 4 condizioni:

  • nei due casi in cui le coppie erano state continuamente testate (n.1 e n. 4) la percentuale di rievocazione fu del 80%;
  • nei due casi in cui una volta apprese le coppie non venivano più testate, i risultati furono deludenti: la rievocazione fu circa del 30%.

La ripresentazione ripetuta, senza test, era stata del tutto inefficace!

L’ESPERIMENTO #3

Infine in uno studio simile (Pasher) i soggetti venivano divisi in due gruppi. Il primo doveva risolvere uno di seguito all’altro 10 problemi matematici, il secondo due serie da 5 problemi, con un intervallo di due settimane tra le due serie.

I RISULTATI

Quando i due gruppi venivano testati dopo una settimana, i risultati erano equivalenti, ma dopo 4 settimane il secondo gruppo otteneva migliori risultati.

 

COME APPLICARE QUESTI RISULTATI ALLO STUDIO DI TUO FIGLIO

  1. Come avrai ben capito la prima fondamentale certezza che ci viene ulteriormente confermata è che rileggere non è una efficace strategia di ripasso. Tuo figlio ha bisogno di produrre una risposta autonoma (effetto di generazione, cfr. tecnica #1). L’attivazione di un tentativo di recupero genera uno sforzo molto più utile all’apprendimento a lungo termine.
  2. I test vanno eseguiti con delle regole di “frequenza”, ovvero dilazionandoli, così come dimostra il terzo esperimento che abbiamo visto. Questo significa ripassare attraverso test più volte, nel tempo.
  3. Infine gli esperimenti nel tempo hanno anche dimostrato che intervalli più lunghi tra i test sono più efficaci di intervalli brevi, è quindi importante modulare le distanze tra test attraverso un programma di ripassi che tenga conto delle informazioni che sono state apprese e di quelle che ancora non lo sono.

Ai nostri MIND Lab,  vengono fornite le strategie su come programmare ripassi efficaci, e come gestire le informazioni non apprese. Per non essere più insicuri durante le interrogazioni e i compiti in classe, e risparmiare un bel po’ di tempo da impiegare… in quello che piace di più ;-D


Leggi le altre tecniche:

TECNICA #1: LA PRATICA DI RECUPERO TRAMITE TEST

TECNICA #3: ALTERNANZA DI CONTENUTI

TECNICA #4: LA METACOGNIZIONE

 

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